La drammatica condizione di improvvisazione e di mancata programmazione, ha causato incertezza e rancore. Ha contribuito, tuttavia, a far guadagnare ai cittadini una nuova visione della vita perché li ha costretti a riflettere e, soprattutto, perché ha reso evidenti l’inadeguatezza e l’approssimazione che, in futuro, non sarà più possibile reggere. La necessità di assumere provvedimenti rigorosi e drastici è stata sostituita dal traccheggio e dai rimballo tra il Governo e le egoistiche pretese di protagonismo delle regioni. I cui attori tergiversavano, piuttosto che pensare a mettere in sicurezza il Paese e creare le condizioni per avviare il “cambiamento”, di cui vi era già bisogno prima che arrivasse il virus.
Sostenibilità ambientale, innovazione tecnologica, istruzione, riforma del fisco, progettazione senza zavorre burocratiche, lavoro, politiche a favore del Mezzogiorno, riforma della sanità e rafforzamento della sanità territoriale: sono tutti parte della progettazione che grazie ai fondi di Next Generation Eu, possono condurre l’Italia non solo fuori dalla pandemia ma, anche, dalla condizione di fragilità in cui versa da decenni.
Le inefficienze del sistema sanitario italiano
A proposito di sanità si rende necessario sottolineare che nemmeno la triste realtà, che ha reso evidente l’inefficienza e le crepe del tanto decantato sistema sanitario, l’elevato e sproporzionato numero di decessi sono riusciti a temperare l’ingiustificato protagonismo e l’ossessiva conflittualità tra Governo e Regioni. Sembrerebbe, tuttavia, che la situazione possa migliorare per cominciare a perseguire obiettivi di lungo termine (che prevedono processi complessi) se le scelte della persona incaricata dal presidente della Repubblica Mattarella per risolvere il cortocircuito si riveleranno compatibili con le indicazioni che provengono dalla BCE, secondo le quali sia urgente adeguare le condizioni economiche a quelle della zona euro, per condurre l’Italia fuori dagli effetti devastanti della tragedia socio economica, causata dalla pandemia. A tale proposito, il retroterra di Draghi: cattolico progressista e le sue dichiarazioni, in merito alle politiche di solidarietà e di coesione, unitamente alla cornice moderata ed europeista del governo e della maggioranza, sembrerebbero rassicuranti. Non è un caso che Papa Francesco lo abbia nominato, recentemente, quale membro dell’Accademia delle Scienze Sociali, istituzione nata nel 1994 con lo scopo di fornire alla Chiesa gli elementi da impiegare per lo sviluppo della dottrina sociale e permettere di studiarne gli effetti dell’applicazione nella società contemporanea. Decisione che registra una similitudine tra la visione del Papa e quella di Draghi. Inoltre, il combinato disposto tra la presenza di una personalità prestigiosa e autorevole, quale è Draghi e la presidenza dell’Italia del G7, potrebbero costituire elemento formidabile, per affrontare il primo punto del suo programma: Piano di vaccinazione e a seguire Coesione Territoriale e Mediterraneo (perché no Mezzogiorno?).
Strategie per battere sul tempo il virus
Ma al riguardo bisogna tenere in conto lo stato dell’arte e considerare tutte le strategie per battere sul tempo il virus, che, diffondendosi nella popolazione, tende a mutare, col rischio di sviluppare resistenze.Ovviamente il primo nodo è la pandemia e su come l’Europa si procura i vaccini. A tale proposito bisogna osservare ciò che fanno altri Paesi: il Regno Unito ha già vaccinato il 20% della popolazione, Israele circa i 67% gli Stati Uniti il 15% e in Europa la Danimarca con il 9% e l’Italia meno del 5%. E comprendere che la velocità non è da trascurare perché si tratta di evitare che muoiano almeno 40/50 mila persone e se si arriva in tempo per salvare il turismo sarà probabile evitare una perdita misurabile nell’ordine di 100 mld di euro. E’ noto, tuttavia, che i brevetti sui vaccini – che tutelando il giusto diritto alla proprietà intellettuale, costituiscono un volano per ricerca e innovazione – determinano al tempo stesso, pesanti limiti nell’accesso alle cure. In questo caso, l’emergenza è tale per cui l’accesso alla vaccinazione del maggior numero possibile di persone non risponde solo ai principi etici di universalità, equità e uguaglianza, anche, a una precisa strategia di prevenzione.
La questione dei vaccini
Pertanto la via della licenza obbligatoria per liberare i brevetti dei vaccini anti-Covid (per la durata dell’emergenza), risulta indifferibile per garantirne uno sfruttamento diffuso e universale. D’altro canto, l’articolo 31 del Trade – Related Aspects of Intellectual Property Rights (TRIPs) prevede il diritto, per gli Stati membri del WTO, di disporre, per legge, in condizioni di emergenza, dell’uso del brevetto senza autorizzazione del titolare, pagando una congrua royalty. Tale soluzione permetterebbe di produrre un maggior numero di vaccini e anche di esportarli in Paesi che non dispongono di strutture per fabbricarli in proprio. Tuttavia, prima di imporre la licenza obbligatoria, gli Stati sono tenuti a richiedere formalmente alle aziende un’autorizzazione immediata alla produzione dei vaccini, sempre dietro pagamento di un corrispettivo. E, nella eventualità che i titolari risultassero talmente irragionevoli da negare il consenso, si renderà indispensabile ricorrere pall’art.31 e imporre la licenza obbligatoria.Il fatto che alcune aziende si siano consorziate per produrre i vaccini rende fiduciosi nella loro collaboratività e apertura.
Liberare i brevetti dei vaccini
Nel quadro internazionale orientato al cambiamento, l’autorevolezza del Presidente Draghi, unitamente al prestigioso ruolo assunto nel G7 nel quadro internazionale nel quale si colloca, potrebbe essere spesa per un cambio di passo rispetto agli elementari errori commessi dall’UE e invitare i Governi e gli Organismi sovranazionali a premere per liberare i brevetti dei vaccini e, nel contempo, a prevedere congrui investimenti per compensare la ricerca già avviata e per incentivare il suo sviluppo. E farsi portavoce della richiesta alle industrie detentrici dei brevetti affinché mettano in comune e a disposizione della collettività il loro know how. E perché comprendano, appieno, che unità, universalità, equità d’accesso e solidarietà sono le chiavi per uscire dalla pandemia unitamente a sorveglianza epidemiologica, tracciamento, sequenziare per scoprire le varianti, restrizioni in funzione delle necessità, efficace granularità dell’approccio, per stabilire quali siano le priorità, per compensare l’assenza di tempestività registrata in passato.
Mezzogiorno scomparso dall’agenda politica italiana
In merito alle politiche di coesione occorre aprire un vero focus perché sembrerebbe che il Mezzogiorno sia definitivamente scomparso dall’agenda. E riflettere sulle facili e veloci conversioni dei partiti e immaginare che tali giravolte, piuttosto che nell’interesse del Paese siano state operate per l’interesse ad esserci e partecipare alla “spesa” delle enormi risorse a disposizione. La disponibilità ad essere coinvolti nell’esecutivo Draghi – che lo connota a trazione Nord – suggerisce che tali soggetti siano maggiormente interessati ai destini personali e non all’interesse generale. E che a causa di tale ambiguità per il premier sarà complicato conciliare il programma e le aspirazioni del governo con la realtà dei problemi che derivano dalla politica fiscale (la Flat), della immigrazione. E sarà maggiormente complicato conciliare la pressante richiesta dell’autonomia differenziata con le riforme e la devoluzione di sovranità richieste dall’UE: indispensabili per ridisegnare politiche comuni per fisco, difesa, estero. Riforme urgenti per mettere su un piano di parità economica e sociale tutti gli Stati membri e realizzare un effettivo mercato interno dove non ci siano paradisi fiscali, come Olanda e Lussemburgo. Altro che autonomia differenziata (secessione dei ricchi) secondo la quale ognuno pensa a se stesso! Occorre ricostruire il senso di stare insieme.
Il sistema predatorio, patologico del neoliberismo (che distrugge i deboli e rafforza i forti)
La conoscenza della storia aiuterebbe a guardare al presente con maggiore realismo al problema centrale: il sistema predatorio, patologico del neoliberismo (che distrugge i deboli e rafforza i forti) che affligge l’Italia e, intanto, a interrogarsi sulla gravità di una particolare condizione di milioni di persone: disoccupati, inoccupati Neet: giovani e donne abbandonati al loro triste destino per via dell’assenza di adeguate politiche attive per il lavoro, della formazione e della riqualificazione al Sud. Tale condizione risulta, davvero, paradossale e inaccettabile in un Paese nel quale un terzo della domanda di lavoro, da parte delle imprese, resta inevasa perché non esiste l’offerta dei profili richiesti. Aiuterebbe a riflettere sulla urgenza che la classe dirigente si doti di un programma, che renda sostenibile il debito, con la consapevolezza che l’unica possibilità risieda nel fare investimenti che generino crescita e che al riguardo servano soluzioni radicali. D’altro canto non esistono alternative al fallimento dei precedenti governi incapaci di realizzare le riforme necessarie.
Un Governo troppo ‘nordista’ non agevola
Un Governo a trazione settentrionale e nessun ministro in rappresentanza del Mezzogiorno (in particolare della Sicilia) certamente non agevolano le politiche di coesione territoriale indirizzate al recupero del del ritardo del Mezzogiorno da Recovery Found e Next Generation EU che hanno reso possibile massa di risorse concesse all’Italia. L’approccio indifferente riservato al Sud (già di per sé abbandonato a se stesso) ne aggrava le disparità e la condizione di marginalità e, in conseguenza, rafforza il bacino nel quale possono attingere a piene mani la malavita organizzata e la politica clientelare.Lo stesso bacino nel quale i cinquestelle, hanno fatto il pieno di voti un anno fa, strumentalizzandolo, con la malintesa idea di risolvere la questione meridionale con la bufala del Reddito di cittadinanza. Il Sud sparito dall’agenda di tutti i Governi è una realtà denunziata recentemente da rapporto Svimez secondo il quale in dieci anni circa 700 mld di euro gli sono stati sottratti. Al riguardo occorre interrogarsi sulla fine che hanno fatto e perché sono smarriti anche i 16 miliardi di euro deliberati dal governo Berlusconi e approvati dal Cipe, previsti per l’Alta velocità fino a Reggio Calabria, la Matera-Roma, la 106 jonica, interventi su Bagnoli e Capodichino, una serie di infrastrutturazioni che, se non bloccate dal Governo Monti e cancellate dai successivi esecutivi, oggi sarebbero stati realtà.
Corridoio Berlino Palermo e il Ponte sullo Stretto
Il Presidente Draghi potrebbe offrire risposte attese a milioni di cittadini ai quali nessuno ha spiegato le ragioni per le quali sono stati de-privati del Corridoio Berlino Palermo – che comprende la realizzazione del Ponte sullo Stretto – già da tempo finanziato di Fondi UE, che è stato deviato verso Bari ed ha tagliato fuori un vastissimo territorio carente di infrastrutture. Oggi più che mai necessita una più ampia assunzione di responsabilità nei confronti dell’enormità dei problemi che affliggono il Paese, e la consapevolezza da parte della compagine governativa che senza il Sud nessuno sviluppo armonioso sia possibile e che un Paese a due velocità richieda politiche adeguate: coesione territoriale e giustizia sociale, infrastrutture fisiche e intellettuali, lotta alle diseguaglianze e alla povertà, mirate politiche attive per il lavoro. E che in mancanza esiste un problema politico enorme su come ottenere e utilizzare le risorse del Recovery found e di Next Generation EU. Delle quali è bene ricordare che una significativa percentuale (oltre il 60%) è destinata al Sud per la coesione territoriale (presupposto della concessione dei fondi). Si spera che il Governo Draghi sappia ascoltare la domanda di vera rappresentanza e di attenzione da parte di oltre 20 mln di abitanti e che a differenza delle esperienze fin qui maturate e di tutti gli equivoci e le bugie registrati da parte di politici, anche di rango, i quali detta una cosa, il giorno dopo danno esattamente il contrario. E dia risposte concrete e tempestive con l’implementazione del programma. Per rimuovere o almeno attenuare le sensazioni che causano un senso di straniamento e di sfiducia, che alimenta l’antipolitica e dà la dimensione di una crisi politica che sembrerebbe irreversibile.
Spetta al Presidente Draghi promuovere un moderno piano per il Paese e per l’Europa, che altri Paesi membri dell’UE, potrebbero condividere e arricchire. Il presidente Draghi ha l’occasione per rivalutare dimensioni come la lentezza, la convivialità, l’accoglienza, il rapporto con l’ambiente e il paesaggio che sono ormai il “mantra della vita buona”, mettere in atto processi diretti a interpretarne la funzione per lo sviluppo e offrire al Sud la direzione che oggi riesce a intravedere faticosamente, complice il Covid, che ha fermato il mondo costringendolo ad una “pausa di riflessione”. E, possibilmente, concorrere perché l’opportunità offerta alla politica e ai partiti per ridefinire i confini di un’area progressista e di una destra liberal democratica, possa alimentare un progetto di Paese credibile (nella speranza che anche il giornalismo diventi più sobrio e la finisca di nutrirsi di tweet e di bulimia dei social e la finisca, soprattutto, con i Renzi Jack Gambardella della politica). Spetta al Presidente Draghi promuovere un moderno piano per il Paese e per l’Europa, che altri Paesi membri dell’UE, potrebbero condividere e arricchire. E crei le condizioni per assecondare le affermazioni del presidente Mattarella: il futuro è di tutti o non è di nessuno, poche parole asciutte ma pesanti e incisive.